Riflessione n. 1 - Roberto Lucchese - Riflessione sulle tecniche terroristiche suicide

Buongiorno, mi chiamo Roberto Lucchese e sono un amico di Cristina; e in relazione ad alcune considerazioni che facevamo di recente sulle nuove "evoluzioni" di questi anni sulle tecniche terroristiche suicide, volevo condividere con voi alcuni pensieri contenuti nel libro di Marek Halter "La mia ira" (Spirali edizioni) presentazione fatta su Repubblica del 5 febbraio 2008, perchè penso che onorare la memoria delle vittime del terrorismo di ieri, sia anche riflettere sul terrorismo di oggi e sulle sue ignobili "evoluzioni":

"Non so che cosa mi abbia preso di accendere così presto il mattino la televisione. Ancora e ancora morti in Iraq, in India, in Israele....Alcuni individui si fanno esplodere, altri muoiono a decine: il terrorismo.
Due secoli dopo il Terrore di Robespierre e più di cento anni dopo Necaev, personaggio centrale dei Demoni di Dostoevskji, il terrorismo uccide sempre, e di preferenza gente che non ha niente a che vedere con la politica. L' odio che ho verso quelli che seminano la morte scoppia quel mattino davanti al mio interlocutore con maggior veemenza del solito.
E ancora:
A ciò si aggiunge la detestabile tendenza dei nostri intellettuali e dei nostri giornali che, prima di condannare, cercano delle spiegazioni, persino delle scusanti. Niente mi fa adirare quanto la parola "disperazione" usata dopo ciascun cieco attentato, a Bagdad, a Nuova Delhi o a Gerusalemme. Niente m'indigna quanto la frase <<bisogna essere disperati per arrivare a questo>> che in televisione accompagna spesso le immagini dei corpi devastati, compresi quelli dei kamikaze. Era un disperato, Robespierre, quando scriveva: <<Il terrore non è altro che la giustizia pronta, severa, inflessibile>>?
Non ho mai potuto ammettere che in nome di un ideale, quale che sia, ci si arroghi il diritto di togliere una vita o di asservire un'esistenza. Pensavo e continuo a pensare che nessuna ideologia, nessun sogno, fosse pure universale, valga una vita umana. Tra i molteplici autori che ho visitato, soltanto Chateaubriand pare condividere cosi completamente e senza restrizioni la mia ira. In Memorie d'oltretomba scrive: <<Mai l'assassinio sarà ai miei occhi un oggetto di ammirazione e un argomento di libertà; non conosco niente di più servile, di più vile, di più disprezzabile, di più ottuso di un terrorista.

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