26/5/2008 - Un pomeriggio al Club


Un pomeriggio al Club
Si entrava dal bel giardino della casa di Roberto e Bebalo e scendevi le scale con le tracce di muffa di tutte le cantine. Allora si usava imbottigliare il vino in casa quindi era facile avvertire l'odore di quello caduto per terra.
Sulla porta era citato Dante :qui si va nella città dolente....lasciate ogni speranza o voi ch'entrate. Il pavimento era di cemento, ma una parte era ricoperta di moquette, una stuoia multicolore e multiforme ricavata da una raccolta di campioni da rappresentanti incollata col mastice su un telo di juta. Tutti rettangoli A4, per capirci!
Le luci erano una lampadina colorata di blu, o di rosso, a seconda.
Lì ci si vedeva il pomeriggio, Davide dava istruzioni sui pezzi da suonare, non erano mica tanti, Santana, Bob Dylan, PFM, Pink Floyd, EL&P, NEW TROLLS. Praticamente prima ce li insegnava, non erano delle grandi esecuzioni ma ci accontentavamo. Venivano a trovarci anche le ragazzine,non che fossimo particolarmente ambìti, però qualcuna che ci faceva il filo c'era...ma erano di più quelle alle quali facevamo il filo noi senza essere corrisposti.
Non è che combinassimo granchè quindi, io ero troppo timido, ma anche fra gli altri amici non c'erano dei grandi seduttori, quindi non immaginate un ambiente orgiastico, ogni tanto qualche prurito, ma niente di più.
D'altra parte le ragazzine erano soprattutto delle care amiche, quindi al di là di una dichiarazione di affetto tipo: "vuoi essere la mia ragazza?" non si andava.
Il momento clou delle nostre esibizioni musicali era il R&R, dove io mi esibivo in uno sfrenato spennamento sugli accordi mi7 la7 si7.. e Davide si esibiva nel solista. Era bravissimo, non meritavo di suonare con lui, non c'era paragone fra di noi, quindi mi sentivo orgoglioso. C'erano i pezzi cantati, Davide anche se era bravo a cantare, faceva cantare me: Impressioni di Settembre, Knocking On Heaven's doors, Battisti, e altri...

Concludo con una poesia di Fellini:

A M’ARCORD

“Al so, al so, al so
Che un om a zinquent’ann
L’ha sempre al mèni puloidi
E me a li lèv do, tre volti e dè,

Ma l’è sultènt s’a vaid al mèni sporchi
Che me a m’arcord
Ad quand ch’a s’era burdèll”.

ciao Marco Ghinelli

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