I GENITORI DI CATHERINE MITCHEL...

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La mancata strage all'Arena di Verona tratto dal libro "I PERCORSI DELLA GIUSTIZIA 34 anni di processi Piazza Loggia 28 maggio 1974" © ottobre 2008 Casa della Memoria, Brescia ISBN 9788895529059
Può dirsi senz’altro acquisita (data la pluralità, convergenza e eterogeneità delle fonti) la prova di un’immane strage che (come ha scritto il P.M.) “qualcuno era pronto ad attuare all’Arena di Verona e che qualcun altro -
bontà sua - ritenne invece di risparmiare al Paese, provvedendo o facendo provvedere alla rimozione del micidiale ordigno già piazzato in loco”.

Il primo a parlarne è stato nientemeno che Stefano Delle Chiaie in un’intervista pubblicata su “L’Espresso” del 26.12.1982, e in questi termini: “All’inizio del ‘75, dopo un gravissimo episodio all’Arena di Verona ... vi fu collocata una bomba ad altissimo potenziale. Se alcuni camerati non l’avessero disinnescata, oggi ci troveremmo sicuramente a dover rispondere anche di quell’attentato, fallito non certo grazie alla prevenzione di chi ne fu il mandante ... “Sentito dalla Corte d’Assise il 6.4.87, all’indomani del suo forzato rientro dal Venezuela, Delle Chiaie ribadiva quanto detto in proposito nell’intervista. Interrogato, infine, da questo G.I. (unitamente al G.I. di Milano) il 18.9.92 (Fald. “D/3”, Vol. IX, ff. 1144 e ss.), il leader storico di Avanguardia Nazionale ha nuovamente ribadito il suo racconto dell’episodio, aggiungendo che sicuramente è da collocare “dopo l’Italicus”, all’inizio del 1975 o forse ancora nel 1974 (come è più probabile, posto che - notoriamente - l’Arena viene utilizzata come luogo per spettacoli e si riempie di gente solo nella bella stagione). Ha inoltre - più esplicitamente - rivendicato ad Avanguardia il merito di avere bloccato l’operazione: il che fu fatto da alcuni camerati di loro iniziativa ed egli seppe tutto dopo. Nulla ha saputo (o meglio voluto) dire circa le caratteristiche dell’ordigno e del relativo innesco; e - assai “attendibilmente” - ha dichiarato di non ricordare “né il numero, né i nomi dei camerati di AN che intervennero in quella circostanza per togliere l’ordigno”, e di non avere mai saputo “chi fossero coloro che avevano collocato quell’ordigno” (mentre dal testo dell’intervista del 1982 emerge inequivocabilmente che egli sa benissimo - almeno - “chi ... fu il mandante”).

A “ruota”, in ordine di tempo, viene poi Angelo Izzo (fonte decisamente diversa dalla precedente), il quale, nell’interrogatorio reso il 23.1.1984 al Procuratore della Repubblica di Firenze (è un verbale presente in vari
“luoghi” del processo, fra i quali Fald. “D/3”, Vol. VIII, ff. 1039-1042) dichiarò di avere appreso da Pierluigi Concutelli nel carcere di Trani “che lui ed altri avevano sventato una strage all’Arena di Verona, organizzata dai veneti”. L’Izzo tornava sull’argomento nell’interrogatorio reso al G.I. di Milano il 16.4.92 (Fald. “D/3”, Vol. VIII, ff. 1094-1096), aggiungendo che quella strage “avrebbe dovuto far parte della campagna di attentati del
1974” e dichiarando testualmente: “Concutelli mi disse che o lui o uno degli altri che erano intervenuti erano andati materialmente a recuperare la bomba che era già stata deposta e che in seguito lo stesso Concutelli aveva sequestrato e sottoposto ad una specie di interrogatorio uno di coloro che avevano organizzato tale attentato. Concutelli riferiva l’organizzazione di questo attentato all’ambiente veneto e accennava alla persona che lui aveva personalmente interrogato come ad un triestino. Concutelli parlava di questo episodio come di un attentato che sarebbe stato inutile e ingestibile anche in quanto sarebbe stata una strage di grandi proporzioni rispetto alle precedenti di quegli anni.

Terza fonte di prova: Giuseppe Albanese, un detenuto comune, che si autodefinisce un anarchico di destra e che ha avuto una certa frequentazione carceraria con vari esponenti della destra eversiva, fra i quali Concutelli, Ferro e Bonazzi. Nel dicembre 1984 scrisse un lungo e farraginoso memoriale su fatti criminosi di vario genere, comprese le stragi e, fra queste quella, mancata, all’Arena di Verona (Fald. “D/3”, Vol. VIII, ff. 1074 e ss.). Scrisse infatti di aver appreso da Gianfranco Ferro che il medesimo ebbe a recarsi - unitamente ad altri neofascisti - (udite, udite!) a Brescia per dissuadere Ermanno Buzzi dal compiere l’attentato all’Arena di Verona, durante un concerto: ordinarono a Buzzi di ritirare gli ordigni e Buzzi ubbidì. Sentito come teste da questo G.I. e dal G.I. di Milano l’11.6.92 (Fald. “D/3”, Vol. IX, ff. 1111 e ss.), l’Albanese ha ribadito quanto già enunciato nel memoriale, aggiungendo che il Ferro gli rivelò inoltre che: 1) il progetto di attentato non era stato condiviso dai responsabili di Ordine Nuovo ed era stato lo stesso Paolo Signorelli a dare l’ordine di bloccare d’urgenza l’operazione; 2) nella fase immediatamente successiva alla rimozione degli ordigni (che erano due) due ragazzi del gruppo Buzzi (forse veronesi) furono uccisi a colpi di fucile da alcuni dei camerati giunti da Roma; 3) il duplice omicidio fu attuato in modo tale (per il tipo di arma) da far pensare ad un fatto di delinquenza organizzata comune. V’è da dire che, in ordine al prospettato duplice omicidio, sono state rivolte
richieste di accertamenti e di ricerche di archivio a tutte le Questure del Veneto e della Lombardia, ma l’esito è stato negativo (Fald. “B”, Vol. XXIV, f. 3847). Sia pure trasferendo il tutto all’estate del 1976 (e non sarà per evitare il rischio di una riferibilità al Buzzi?), anche Pierluigi Concutelli si è unito al coro di voci che (con angolazioni diverse e addirittura con “contenuti” assai diversi) convergono tutte nell’affermare il dato storico di un clamoroso attentato all’Arena di Verona, giunto a un passo dalla esecuzione, ma poi non attuato. Interrogato il 28.10.92 (Fald. “D/3”,Vol. IX, ff. 1188 e ss.), il Concutelli ha dichiarato che, all’inizio dell’estate del 1976, una persona degna di fede gli riferì che correva voce che un tale - da lui, Concutelli, non conosciuto personalmente, ma con “nomea di estremista fanatico” - avesse intenzione di minare, in occasione del rifacimento o della risistemazione dei gradini dell’Arena di Verona, la stessa struttura dello storico monumento “mediante l’interramento di un residuato bellico della guerra 1915-18”, esattamente “una bomba da bombarda (305 o 360 mm.), ordigno micidiale e dagli effetti devastanti”. Data la stagione - ha proseguito il Concutelli - v’era da pensare che il progetto fosse ormai prossimo alla messa in atto e si rendeva quindi necessario un intervento immediato: fece prontamente sapere a due militanti (ritorna - guarda caso - il numero “due”, come nel racconto dell’Albanese) del MPON, ancora avvicinabili e disponibili sulla piazza di Verona”, che li riteneva responsabili della “sorveglianza e delle cautele necessarie affinché quel determinato progetto non fosse attuato; li responsabilizzò a titolo personale “in modo perentorio e
che non ammetteva repliche. Di fatto nulla poi successe” (chiara, qui, è l’eco di quell’accenno dell’Izzo al sequestro e all’interrogatorio cui il Concutelli gli rivelò d’avere sottoposto uno degli organizzatori del mancato attentato). Unica voce stonata e assolutamente “fessa” del coro è quella di Gianfranco Ferro, il quale - messo di fronte a tutte le risultanze di cui sopra (compreso il racconto di quell’Albanese che proprio da lui, Ferro, sostiene di averlo ricavato ed appreso) - pretende di far credere (convinto, evidentemente, di avere a che fare con degli imbecilli) di non avere mai saputo nulla del fatto in questione e di esserne stato dunque tenuto all’oscuro anche dal Concutelli, nonostante lo strettissimo rapporto - umano, politico ed “operativo” -
che li ha sempre legati (Fald. “D/3”, Vol. IX, ff. 1233-1235).

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