Claudio Baccarani - Il 2 agosto 1980 ed il valore della memoria

Il 2 agosto 1980 ed il valore della memoria

I più giovani, coloro che oggi hanno meno di 40 anni,  difficilmente conosceranno il significato di questa data che nel cuore degli altri risveglia un profondo senso di angoscia. Il 2 agosto del 1980, infatti, alle 10,25 alla stazione di Bologna esplose una bomba che causò 85 morti, tra cui 8 bambini, e 200 feriti, tra cui 20 bambini.
La bomba esplose nella gremita sala di attesa di seconda classe, in una stazione sempre affollata e quel giorno ancor più frequentata per l’esodo estivo.
Così tra treni che arrivavano e partivano con il loro assordante rumore e tra persone che aspettavano e correvano per le loro coincidenze, un attimo distrusse la vita di tante persone e famiglie.
Ascoltando le storie dei familiari o dei feriti sopravvissuti si scopre che qualcuno si è salvato perché un parente l’aveva chiamato e così era uscito un attimo prima dello scoppio dalla sala d’aspetto, che altri erano lì in attesa perché avevano perduto la coincidenza con il treno precedente, altri ancora erano in Italia per un viaggio premio per la laurea. Insomma, ascoltando queste storie, si avverte un profondo senso di smarrimento pensando che all’improvviso tante strade che si incrociano possano essere interrotte dalle scelte scellerate di qualcuno. Anche una nostra compaesana, Carla Gozzi, perse la vita in quella strage assieme al suo fidanzato Umberto Lugli.
Quest’anno nel 23° anno dalla strage di Bologna ho avuto per la prima volta l’occasione di vivere quella giornata a Bologna nel piazzale della stazione.
Una serie di coincidenze fortuite avviatesi da un intervento di Luciano Ligabue in Università a Verona sul suo film “da zero a dieci”, in cui il massacro di Bologna è sullo sfondo di tutta la storia, mi ha portato ad incontrare l’Associazione dei familiari e dei feriti della strage di Bologna e per questa via a partecipare alla manifestazione annuale, che si tiene da 23 anni per ottenere una giustizia  ancora incompleta perché i mandanti non sono mai stati individuati.
Arrivando in stazione il solito agitato andirivieni distoglie il pensiero dal motivo per il quale quel giorno si è a Bologna.
Ma appena si esce dalla stazione e si va nel piazzale si è  accolti dalla straziante voce di un violino che proviene da un autobus. Un autobus uguale a quello che quel giorno divenne un ospedale da campo. Ci si avvicina e si nota come tante persone abbiano lasciato messaggi che i giornalisti voracemente ricopiano. Messaggi di piccoli e grandi che creano ansia nello loro bellezza e semplicità per le riflessioni che inducono in chi li legge. Ci si incammina lungo via Indipendenza per raggiungere la piazza da dove parte il corteo per la stazione. A poco a poco, la frenesia che caratterizza la città nella prima mattinata si quieta sino a scomparire. Le persone, pian piano, fanno da ala al passaggio di un corteo che forma un flusso che a vista sembra senza fine. Qualcuno piange al ricordo di quel giorno o di fronte agli striscioni che rammentano come la città di Bologna non dimentichi.
Lentamente si raggiunge la stazione ed il piazzale si riempie in tutte le sue parti con le persone pigiate tra loro, in una varietà di colori ed un rincorrersi di voci che pur nel frastuono generale trasmettono un senso di serenità per la volontà che esprimono di non dimenticare, di ricordare perché questo non possa più accadere.
Alle 10,25 termina il discorso del presidente dell’Associazione e tutti sono invitati ad un minuto di silenzio. Cala subitaneo sulla piazza un silenzio irreale per un luogo così affollato. Non si sente nemmeno più il rumore dei viaggiatori. Tutto si ferma.
Lancinante e puntuale arriva il fischio di un locomotore dal primo binario della stazione.
Poi gradualmente la stazione riprende a vivere.
Tutto questo accade perché alcune persone, i familiari delle vittime ed i feriti, hanno deciso che è necessario ricordare, che  non si può dimenticare, ricordando a tutti come la memoria sia condizione essenziale per la costruzione del futuro.
Proprio così, la memoria sta alla base del futuro che progettiamo , certo per evitare il ripetersi di simili atrocità, ma anche per consentire alla società di migliorare in ogni sua parte.
Purtroppo, però, oggi la memoria è una risorsa piuttosto scarsa perché l’attuale organizzazione sociale premia il successo effimero, quello immediato, fondato non sulla memoria, ma sulla superficialità di conoscenze raccolte fiutando in quà e in là, portando ad una costruzione dalle fondamenta inesistenti che alla prima folata di vento crollerà.
I giovani in particolare tendono a premiare in assoluto il presente, dimenticando che esiste un passato e che si delinea continuamente il futuro. D’altra parte, il meccanismo è tale che diviene difficile sfuggirvi: come ci si può permettere di pensare al passato o di riflettere sul futuro se già la mole di informazioni oggi disponibile ci crea l’ansia di non conoscere quello che sta accadendo?  
Nei fatti, però, senza memoria non c’è futuro, se per futuro intendiamo un qualcosa di nuovo nella direzione di un miglioramento della qualità della vita di tutti.
Ecco quindi che il 2 agosto ci lascia un messaggio culturale che va al di là del significato evocativo della strage di Bologna. Ci invita a riflettere sull’uso del nostro tempo e sul fatto che se “il tempo è denaro, il denaro non è tempo”. Ci aiuta a riflettere sul come usare il nostro presente per contribuire alla costruzione del futuro.
Claudio Baccarani

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